Pochi giorni fa ho partecipato ad una riunione molto piacevole che si è tenuta fra noi membri del consiglio direttivo dell’ABC Famiglia e Stefano Censoni, fondatore con Marco Rinelli, di BeeInclusion. BeeInclusion è il primo motore di ricerca per il sociale a 360°, una piattaforma che ha come scopo quello di aiutare le persone a trovare ogni tipo di “servizio accessibile” all’interno di una determinata area geografica. Oltre a fornire l’indirizzo di alberghi, ristoranti, centri sportivi, servizi di svago e di consulenza (ci sono oltre 200.000 servizi dotati di certificazione disponibili sul motore di ricerca) Stefano e Marco si pongono l’obiettivo di organizzare eventi sociali ed occasioni di formazione sul territorio per diffondere un messaggio importante: "la diversità non è un limite".
Nella mia esperienza di terapeuta, posso dire di essere d'accordo con il pensiero di Stefano e Marco. La diversità non è un limite se esiste alle nostre spalle un bagaglio di cultura che permette di valorizzare ciò che la diversità porta con sé. È proprio questo bagaglio che BeeInclusion, insieme alle più importanti realtà associative del territorio di Ostia, sta cercando di costruire, ed è una battaglia alla quale io, insieme ai colleghi dell’ABC Famiglia non possiamo che unirci con grande entusiasmo.
“Il senso della vita. La diversità. Dire si all'inclusione”
Tempo fa, grazie al gradito invito di Stefano Censoni, ho avuto l’onore ed il grande piacere di partecipare ad un evento organizzato dalla Sofi Association (Superare Ogni Forma di Isolamento) e dall’istituto "Giovanni Paolo II" di Ostia. La videoconferenza, intitolata "Il senso della vita. La diversità. Una splendida occasione per onorare il giorno della global Accessibility Awareness Day e dire si all'inclusione" è stata realizzata in collaborazione con BeeInclusion e Roma Cares, con il patrocinio di Opes per ribadire il valore delle diversità come elementi da preservare. La diversità, infatti, è diventato finalmente un tema di cui si parla, un tema che ha acquisito un vero e proprio valore sociale. Lo sport è il filo conduttore della videoconferenza. La testimonianza degli atleti ospiti, infatti, è decisiva per capire e trasmettere il grande valore che ha lo sport nella crescita degli individui e nell’immenso potere di dare valore alla diversità.
Arturo Mariani, scrittore ed ex calciatore della Nazionale italiana di calcio Amputati del Cts, Salim Chakir, cestista sulla sedia a rotelle dell'Asd Santa Lucia Basket, Francesco Pastorella, consulente di Roma Cares, ed il calciatore Simone Perrotta hanno raccontato le loro esperienze di vita agli studenti connessi. Tra di loro gli atleti delle giovanili della Roma
Arturo Mariani: il vero disabile è chi ha dei blocchi mentali che gli impediscono di fare ciò che vuole
Il primo a parlare della propria esperienza è Arturo Mariani, calciatore, coach e scrittore di quattro libri, tra cui "Nato così". . Inizia la conferenza introducendo il potere magico che ha il termine “scelta” nel trasformare le nostre vite. La parola scelta ha avuto una ruolo decisivo nella sua esistenza. I suoi genitori sanno in anticipo che Arturo nascerà senza una gamba e con la possibilità di sviluppare altre patologie. Nonostante i dubbi e le paure essi scelgono per lui la vita.
- La scelta ce l’abbiamo ogni giorno - continua Arturo. - Siamo noi che possiamo decidere come affrontare la nostra giornata, possiamo scegliere se annoiarci o vivere bene. Divertirmi, oggi, è il mio principale obiettivo. -
Arturo appare sorridente e ottimista. Aver attraversato mille difficoltà lo ha reso una persona forte ed equilibrata, e gli ha permesso di raggiungere i traguardi che si è prefissato, nonostante l’iniziale indiscutibile posizione di svantaggio. Egli racconta che nel corso della sua infanzia molte persone volevano demotivarlo.
- “Sei senza una gamba”, mi dicevano. Io stesso focalizzavo la mia attenzione su tutto ciò che mi mancava, su ciò che non andava, lamentandomi per ogni cosa. In quel momento stavo chiudendo la possibilità ai miei sogni. -
Dopo una lunga crisi Arturo racconta di aver capito l’importanza di scegliere, e urla al mondo il suo cambiamento togliendo la protesi che lo aveva accompagnato fin da piccolissimo, il prezioso strumento che lo faceva sentire “normale” ma che gli toglieva la libertà e lo spazio per esprimere la propria forte individualità e la sua passione più grande: il calcio.
- Ogni volta che ci liberiamo delle nostre protesi mentali facciamo una scelta che ci fa stare bene. Quando scegli lì per lì c'è una grande sofferenza, ma passare da “avere un gamba in meno” ad “avere una gamba” vuol dire aprire lo sguardo sulle possibilità. Da quel momento ho scoperto che esistevano altre persone con una gamba sola e non solo … C’erano persone che con una sola gamba giocavano a calcio! Francesco Messori stava infatti formando una squadra proprio in quel momento e da lì si è aperto per me un nuovo mondo di esperienze. Il passaggio fondamentale è avvenuto dentro me stesso - continua a raccontare Arturo - Quando ho preso coscienza delle mie capacità. Sono entrato in Nazionale e sono stato convocato per il mondiale, avevo una paura folle e invece in Messico abbiamo avuto la vittoria più bella, e da quel momento è stato uno scoppio pazzesco di accadimenti da cui sono nate altre mille cose da fare. Solo aprendo la nostra mente, capendo che “essere disabili” è solo un problema mentale che abbiamo dentro possiamo raggiungere i nostri sogni. Il vero disabile è chi ha dei blocchi mentali che gli impediscono di fare ciò che vuole. Quando tocchi con mano quella cosa impossibile, ciò che hai sempre desiderato, dentro di te nasce una sensazione di benessere e di sicurezza e lo vuoi gridare la mondo! -
È cosi che Arturo ha cominciato a gridare al mondo il suo messaggio, per aiutare tutti quei ragazzi che sono bloccati dalla paura di non farcela, o dal timore del giudizio degli altri. Secondo l’atleta ognuno di noi ha un sogno che sembra impossibile e, usando le sue parole, “svaghiamo” per non pensarci. Sono la mentalità, i blocchi, i pregiudizi i nostri veri nemici. Molte persone fanno meno cose di quello che sono in grado di fare, solo per evitare di mettersi in gioco.
Quante volte tutti noi ci lamentiamo di ciò che non va, piuttosto che riconoscere tutte le fortune nelle quali siamo immersi? Quante volte ci è successo di puntare lo sguardo sulle nostre mancanze, piuttosto che sui nostri punti di forza? La strada per la felicità è lastricata di... "buona autostima", scrivevo in un precedente articolo, e scegliere che atteggiamento avere verso ciò che ci accade nella vita è davvero il primo passo verso lo scegliere comportamenti che ci porteranno beneficio o svantaggio.
Ecco perché è importante seguire i consigli di Arturo da prima di subito:
- Scegliere. Aprire la mente alle possibilità, riconoscere l’altro come individuo che ha lo stesso pensiero di voler crescere e realizzarsi
- Credere. Credere nelle nostre possibilità. Riuscire a motivare se stessi e gli altri, agire in un gioco di squadra che regala gioia e soddisfazione ad ognuno.
- Sorridere e divertirsi. Se incontriamo qualcuno diverso sorridiamo. Fa bene noi a chi ci sta davanti.
- Restare aperti. Dire “si” e non “no”, quello è il vero coraggio. Il coraggio e la determinazione che i ragazzi devono assimilare.
Salim Chakir: la mia speranza è essere ogni giorno un giocatore migliore di ieri
La seconda testimonianza è quella di Salim Chakir, ala grande dell'Asd Santa Lucia Basket, squadra italiana di pallacanestro in carrozzina. Salim ha 20 anni e racconta di avere il sogno di giocare in Nazionale. Come tutti i ragazzi vuole viaggiare, esplorare il mondo e conoscere tanti giocatori nuovi dai quali imparare ad essere un giocatore ed una persona migliore. Tra i suoi sogni c’è anche quello di studiare medicina e di continuare con lo sport finché gli sarà possibile.
- La mia crescita non è stata un’operazione facile. - esordisce Salim - Ho raccolto molta cattiveria, frutto di ignoranza. Noi disabili spesso non veniamo capiti, siamo esattamente come tutti, abbiamo gli stessi pensieri di gioia e di tristezza degli altri e quando arrivano gli insulti rimaniamo confusi e spaesati. Si perché la maggior parte delle offese che ci arrivano sono immeritate e ci arrecano solo tanto dolore. Un disabile quasi sempre sa muoversi nel proprio mondo, è abile e capace di organizzare la propria vita quotidiana, quindi le cose che ci vengono dette, che vorrebbero farci sentire inferiori, non hanno basi di verità. Adesso, se mi guardo indietro, mi dispiace di aver perso tutto quel tempo a dare ascolto a certi giudizi! Se mi hai giudicato solo per la diversità, trascurando tutto il resto, non vedendo ciò che di bello c’è in me, sei tu a perderci! -
Questa frase di Salim mi colpisce molto. In molte situazioni mi trovo ad aiutare le persone in stanza di terapia a combattere la sofferenza o la paura che deriva dal giudizio altrui. Quante volte ci arrivano dei giudizi che ci mettono in crisi? A guardar bene però, le frasi o le critiche che riceviamo molto spesso non riguardano noi, ma molto di più chi le emette. Esiste un detto che dice “Ogni volta che punti il dito verso qualcosa o qualcuno, tre dita puntano verso di te”. Nella mia esperienza di terapeuta, è molto facile che le persone che giudicano molto, sono proprio quelle che non sono felici di ciò che sono. Chi conduce una vita piena, chi si sente realizzato, ha veramente poso tempo da dedicare alle critiche e ai giudizi delle vite altrui. Non è facile però, specialmente quando si è molto giovani, difendersi e proteggersi dal dolore che le parole procurano.
Vivere le violenze, i litigi, gli insulti è stato per Salim un vero trauma, per quello oggi parla davanti a tanti giovani della sua esperienza, per evitare che tutto ciò che ha subito possa accadere nuovamente a qualcun altro.
- Ogni volta che qualcuno vi svaluta fermatevi a riflettere, chi ci ha insultato? Perché lo sta facendo? Tutto ciò non ha un vero senso. Sentirsi a disagio è stupido. Invece di affliggervi ragionate sopra a ciò che vi viene detto e se ha un senso prendetelo come spunto per migliorare. Nessuno ha niente che non vada, e nessuno incarna l’immagine che la società richiede. C’è chi è troppo alto, basso, grasso, magro, chi ha i brufoli, chi le rughe. Non c’è niente che non vada in voi! Il consiglio migliore che io abbia ricevuto e che mi sento di ridare indietro è : “Accetta te stesso”. Un altro consiglio che posso dare è quello di cercare di essere curiosi, farvi sempre domande, allontanarvi dall’ignoranza. Chiedetevi ogni volta come possono vivere gli altri la propria condizione, immedesimatevi nei panni degli altri. -
Sono molto colpita dal racconto di Salim, sarà perché ho dei figli della sua età e sentire la sua sofferenza parte di me è davvero un'operazione istantanea! Dalle sue parole traspare tutta la fatica che ha fatto nel nuotare controcorrente, nel non crescere con il cento per cento del supporto che tutti i bambini dovrebbero ricevere da ogni adulto che. incontrano sul proprio cammino. Dopo aver raccontato le sofferenze della propria crescita gli occhi di Salim si accendono improvvisamente, ed è il momento in cui inizia a parlare del suo grande amore: il basket.
- Quando sono stato invitato a partecipare al basket per disabili ero diffidente, ma mi sono innamorato subito di quello sport. Fare sport a quei livelli è davvero meraviglioso! -
Mentre Salim parla mi chiedo quale sia la chiave della felicità per lui, oltre al basket, ovviamente :). Trovo la risposta nelle sue parole conclusive.
- Sono le relazioni la mia vera forza. Il meraviglioso legame con mia mamma e poi con gli amici, e adesso con la fidanzata. Gli insegnanti, tutto l’affetto ricevuto mi hanno fatto crescere così forte. -
Sorrido mentre lo ascolto e prendo appunti, penso che questo ragazzo abbia le carte giuste per arrivare lontano e per insegnare a molti suoi pari come trovare forza nel difficile cammino che la crescita impone a tutti. E se c’è qualcosa, anche piccola, che possiamo fare noi adulti per aiutare altri ragazzi come Salim a sentirsi forti, giusti, nel proprio posto del mondo, allora prendiamo i consigli che ci ha donato e portiamoli sempre con noi, ovunque andiamo. Combattere l’ignoranza e la stupidità non dovrebbe essere cosa difficile se lo facciamo insieme.
I consigli di Salim:
- Segui i tuoi sogni e pratica le tue passioni
- Non perdere tempo con i giudizi degli altri
- Accetta te stesso
- Combatti l’ignoranza e la stupidità
- Fatti domande
- Sii empatico
Simone Perrotta: dobbiamo fare gioco di squadra per cambiare i nostri pensieri legati alla diversità
- Di fronte a questi racconti di vita la mia testimonianza si riduce di importanza. Quello che posso raccontare è la mia esperienza nel mondo dello sport. Il calcio mi ha dato la possibilità di essere ciò che sono e quindi gli sarò per sempre grato -
Quando Simone Perrotta inizia a parlare mi conferma l’idea di persona buona e gentile che mi son fatta di lui negli anni. Abitando nella la stessa zona è facile incrociare le rispettive traiettorie, in palestra, per strada, al bar, e posso dire di averlo sempre visto educato e sorridente con tutte le persone che incontravano il suo cammino. E anche oggi, con queste parole di esordio, non mi delude.
- La diversità è un concetto che riguarda ognuno di noi. Essa esiste e va accettata e trattata come un momento di arricchimento per tutti. Lo spogliatoio è un luogo eterogeneo dove ci sono tantissime diversità. Ognuno ha le proprie abilità, ognuno esprime il proprio talento che è unico e diverso da tutti. Poi c’è la lingua che si parla, la cultura di provenienza, il territorio dal quale si proviene. Tutto questo mi ha permesso di vedere la vita in modo diverso, ampliando notevolmente la mia visuale. Non ha senso sentirsi superiori rispetto alla diversità. I momenti con i ragazzi del calcio integrato sono stati per me degli acceleratori di crescita incredibili, dove ho preso più di ciò che ho dato. Per questo dobbiamo fare gioco di squadra per cambiare i pensieri legati alla diversità. -
Il primo consiglio di Simone è ragionare sul nostro concetto di responsabilità. I ragazzi sono lo specchio di ciò che vedono e vivono in famiglia, a scuola e nei luoghi di aggregazione. Sono importantissimi i messaggi che ricevono da noi adulti, gli esempi che ricevono dal nostro comportamento. Siamo noi responsabili della loro crescita attraverso il nostro modo di pensare e di vivere. -
Il secondo consiglio che dona Simone, con le sue parole ma anche con il suo esempio di vita, è quello di escludere le differenze e dare a tutti le stesse possibilità. Oggi egli gestisce una scuola calcio che dona l’opportunità a tutti di giocare e descrive la sua esperienza coi ragazzi della squadra di quartiere a Casal Palocco come un cammino meraviglioso.
- Sono pochi quelli che attraverso il calcio avranno un lavoro - afferma Simone - Più del 70 per cento non farà del calcio il proprio mestiere. Chi gioca a calcio sarà un cittadino, se riusciamo ad inculcare i valori giusti avremo calciatori più consapevoli e cittadini migliori che rispetteranno la diversità. È un’esperienza meravigliosa per me trasferire le mie esperienze e accompagnare i ragazzi alla vita. Il primo tempo della mia vita sono stato calciatore, il secondo tempo lo vorrei vivere trasferendo valore. -
Ma quali sono questi valori in cui crede Simone, che ci tiene così tanto a trasferire?
1) Il coraggio. Egli afferma che crescere vuol dire affrontare le fragilità, riemergere da esse più consapevoli.
2) L’apertura mentale. - Siate curiosi - dice Simone - Abbiate sempre voglia di apprendere. Se non ti formi, se non cresci nella vita rimani indietro. Anche nel calcio la curiosità ti fa crescere. Guardare un video, voler ripetere un gesto di un calciatore che ammiri. Io a 43 anni ancora ho quella curiosità sana che mi porta ad informarmi, a sapere sempre di più.
3) Pari opportunità. È importante dare le stesse opportunità a tutti, per questo ho formato la squadra femminile. All’inizio ci sono tante bambine che giocano insieme ai maschi, poi nell’agonistica devono giocare separatamente. Come continuare? I numeri sono pochi. Squadre maschili tante e femminili poche. Da noi c’è una mamma di 38 anni e ragazze di 14 nella stessa squadra. Questo da anche un messaggio importante a chi guarda, alleggerisce le pressioni, stempera l’accanimento nei confronti del calcio riportando il senso originale che dovrebbe avere lo sport..
4) Creare un linguaggio comune. I genitori devono essere una parte attiva, dobbiamo necessariamente parlare la stessa lingua. Occorre coinvolgere la famiglia facendo capire quelli che sono i valori da seguire e i gli obiettivi da realizzare, per andare tutti, con i propri strumenti, nella stessa direzione.
5) Essere resilienti. È essenziale cadere e sapersi rialzare. Il calcio o qualsiasi altro ambito lavorativo è lo specchio della vita. Nei momenti di difficoltà devi avere la forza di reagire, perché proprio in questi momenti accade di crescere e di evolvere. La vittoria ti fa festeggiare, non ragioni su come ci sei arrivato, mentre nella sconfitta ti fermi a pensare, cerchi di capire le cause, elabori strategie per evitare di sbagliare nuovamente.
Cos'è la fortuna secondo Simone Perrotta?
- La fortuna di ognuno di noi è quella di individuare il proprio talento. Non tutti hanno la possibilità di conoscerlo, ma una volta trovato occorre crederci e lavorare per farlo crescere. Includere i nostri pari ci aiuta ad essere migliori perché dall'altro si impara tantissimo. La diversità ha sempre fatto parte della storia, e certe diversità sono state superate conoscendo l’altra situazione, mettendosi in condizione di capire il compagno. Ognuno può aiutarci a crescere. Seduti uno accanto all’altro, insieme siamo più forti. -
Cos’altro potrei aggiungere a questi pensieri? Chapeau caro Simone, ti auguriamo il meglio per questo secondo tempo cosi ricco!