La mostra di Roma è la prima grande retrospettiva in Italia ed è davvero un’esperienza molto ricca, da mettere nella lista delle cose da fare, per regalarci un pizzico di buonumore e tante emozioni piacevoli.
Inge Morath: la sua vita e la grande passione per la fotografia
Il percorso espositivo allestito nel Museo di Roma in Trastevere ripercorre l’evoluzione umana e professionale di Inge Morath dagli esordi a fianco del fotografo Ernst Haas, fino al sodalizio decennale che la lega a Henri Cartier-Bresson. Nel percorso, vengono esposti i suoi reportage di viaggio ambientati dall’Italia alla Cina, dalla Spagna all’Iran e anche i lavori nati dalle prestigiose collaborazioni con le riviste più famose del tempo, riviste come Picture Post, LIFE, Paris Match, Saturday Evening Post e Vogue.
Parte della mostra è dedicata ai suoi ritratti di personaggi famosi.
Tra i più celebri, e forse quello che mi ha colpito di più, la famosa foto “rubata” a Marylin Monroe durante una breve pausa del film “Gli spostati”. In questa foto Marylin viene ritratta nella sua bellezza più semplice ed essenziale mentre passeggia a piedi nudi in un prato, con lo sguardo basso e l’espressione sognante.
Altri personaggi vengono ritratti dal suo sapiente occhio: Picasso, Cartier-Bresson, Miller, e anche Audrey Hepburn, celebre per aver interpretato “Sabrina”, nel vecchio film da me molto amato. Significative e coinvolgenti anche le foto scattate a Inge da Henri Cartier-Bresson. La presenza di foto che raffigurano la sua vita e l’esposizione di documenti e carte autentiche rendono la mostra ancora più viva e toccante.
Molti talenti, quale scegliere? Il potere della “chiamata”
La produzione artistica di Inge Morath mi è piaciuta molto, ma soprattutto mi ha entusiasmata la sua storia. Inge è una donna piena di talenti: ama viaggiare, legge e parla molte lingue, scrivere le viene naturale e facile.
Inizia a lavorare in qualità di redattrice e traduttrice.
Quando entra nella famosa agenzia Magnum, fondata nel 1947 da Robert Capa, Inge comincia con una modesta collaborazione: deve affiancare fotografo Ernst Haas. Lui scatta, lei scrive gli articoli da abbinare alle sue fotografie.
È solo dopo anni che Inge si accorge che il suo vero talento poteva essere espresso al meglio con la fotografia.
Da quel giorno, si avvicina in modo naturale ed autonomo alla fotografia, impara da zero le tecniche, inizia a non uscire mai senza macchina fotografica. Sceglie Henri Cartier-Bresson come suo mentore, lo segue come un’ombra per assorbirne l’energia e imparare da lui ogni trucco. È Henri che le trasmette la teoria del “momento decisivo”, che caratterizzerà, in seguito, ogni suo scatto. Per Inge, infatti, ogni foto è un’opera d’arte. Una volta scelto lo scenario che fa da cornice, ella si apposta per un tempo indefinito prima di scattare la foto “perfetta” per quel momento. Le sue creazioni, vengono sempre arricchite da una visione personale e da una profonda sensibilità, la stessa sensibilità che la mette in grado di percepire più bello il mondo attorno a lei.
Gli anni che precedono il momento del suo esordio come fotografa sono anni di apparente inattività, in una città che non è la sua e con un marito che presto lascia. Prima di diventare ufficialmente fotografa, infatti, Inge Morath sposa il giornalista inglese Lionel Birch e si trasferisce con lui a Londra. Lontana dall’agenzia e dai fotografi con cui collabora, Inge comincia ad avvertire una strana sensazione di nostalgia. La fotografia le manca.
Possono sembrare anni persi, perché non sa bene cosa fare della sua vita. In realtà, rappresentano il momento in cui lei, sospesa in una sorta di vuoto calmo, sente forte la sua vera “chiamata”.
Quelli che sembrano anni fermi, sono gli anni in cui Inge Morath sta solo prendendo la rincorsa per spiccare il grande salto. Quello che viene dopo, infatti, è storia. Una storia che non conoscevo, e che mi ha ispirata tantissimo!
Il coraggio di lanciarsi. Approdo alla fotografia
Inge racconta qual è stato il preciso istante in cui decide di investire tutte le sue energie nella sua nuova grande passione: la fotografia.
E’ po' di tempo che telefona in agenzia ogni volta in cui si trova in situazioni che richiedono la presenza di un fotografo. Trovandosi a Venezia per un lungo soggiorno, viene rapita dalla magica luce che si diffonde nelle calli e chiama per l’ennesima volta la Magnum per avere un fotoreporter sul luogo. A risponderle è Robert Capa in persona. Lavorano insieme da tempo e si rispettano l’un l’altro; essendo amici, forse si vogliono anche bene, ma in quell’occasione Robert è brusco, la scuote un po’. Con un tono asciutto e nervoso le dice semplicemente: “Ingrid mia, falle tu ‘ste foto!” (Glielo dice in francese, ma in romanesco, rende di più il senso). Queste parole hanno su Inge l’effetto di un vero e proprio “KalcionKiulo”, lei esce subito nella luce ammaliante della laguna e si mette di tigna a fare foto su foto, azzeccando in modo naturalmente talentuoso soggetti, luci e contesti.
Le qualità di Inge. Un mix che la porta al successo
In un recente articolo di EfficaceMente, Andrea Giuliodori descrive le qualità e le abitudini di vita di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, il celeberrimo William Shakespeare. Ho pensato a lungo alle parole scritte da Andrea su questo personaggio, al modo di vivere del grande Shakespeare e alle similitudini con il carattere e le scelte di vita di Inge. Anche il “padre” di Romeo e Giulietta era tante cose insieme: era uno scrittore ma anche un bravo attore, uno sportivo (bravo a ballare, a tirare di scherma) e un “compagnone” che amava intrattenersi con persone di ogni ceto e paese, perché ogni essere umano poteva dargli un’idea, uno stimolo o un suggerimento per alimentare la sua vena creativa e migliorare il suo lavoro artistico. Ho ritrovato molte delle sue abitudini di vita in quella di Inge e credo, da esperta in psicologia positiva, che siano le azioni che ognuno di noi dovrebbe coltivare per sviluppare le nostre risorse e arrivare ad avere una vita piena e realizzata.
Esiste, infatti, la possibilità di far fiorire qualità che non sono del tutto ereditate in un pacchetto immodificabile, ma che possono essere coltivate ed allenate con semplici azioni quotidiane.
Determinazione, coraggio, curiosità, empatia, passione, tigna ... non sono ingredienti che abbiamo o non abbiamo, sono tutte abilità e caratteristiche che si possono potenziare.
Mi auguro che, leggendo le abitudini di vita di Inge Morath, ognuno di noi possa avviare le proprie riflessioni e portare dei piccoli cambiamenti nelle proprie abitudini di vita.
Le azioni dalle quali noi tutti possiamo prendere ispirazione sono le seguenti:
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Non mollare mai. Non si può dire che la vita di Inge sia stata solo in discesa. Inge è una giovane donna quando l’Europa viene devastata dalla Seconda Guerra Mondiale. I membri della sua famiglia vengono separati e dispersi e a causa dei bombardamenti lei impiega giorni per tornare da Berlino nella sua Salisburgo, facendo molta strada a piedi o aggrappata ai vagoni stracolmi dei pochi treni in transito. Quando la guerra finisce e Inge inizia a lavorare per la Magnum, la famosa agenzia dell’ancora più famoso Robert Capa, lei è la più giovane fotografa, per giunta donna, e per questo motivo le vengono assegnate le commissioni più scarse. Lei, invece di buttarsi giù, lamentarsi e gettare tutto ai rovi si fa strada velocemente e fra una gara di torte e un concorso per la rosa più bella e profumata, diventa addirittura la persona di fiducia che sostituisce il grande Robert quando lui è impegnato in altre attività.
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Imparare continuamente. Inge è fortemente interessata a migliorare le proprie competenze ed il suo desiderio di migliorarsi sempre la porta a imparare tutto sulle tecniche fotografiche fino ad allora sconosciute. La fotografia non è il suo solo campo di interesse: Inge è una persona curiosa a 360 gradi, ha un’immensa sete di sapere. Il marito la descrive come una donna sempre pronta a riempire la valigia per mettersi in viaggio e scoprire nuovi orizzonti. Ma Inge non si riduce a mettere un costumino e due ciabatte in borsa, non si limita ad andare a mangiare du’ spring rolls in Cina o "risi e bisi" a Venezia. No. Lei si immerge totalmente nella cultura del luogo, va in giro nelle zone “calde della città”, fotografa la gente comune, per strada rischia (secondo me) qualche volta anche le botte, impara la lingua del posto. Questo la porta a saper comprendere e parlare oltre quattro o cinque lingue. La sua voglia di scoprire e apprendere cose nuove le serve sicuramente ad allenare un’altra qualità fondamentale: il coraggio.
• Mettersi in gioco. Il coraggio di Inge emerge in molti aneddoti riportati nei racconti autobiografici contenuti nel film e nelle testimonianze delle persone che lavorano con lei. Come quella volta che si impone di uscire allo scoperto e confessare a Capa di essere lei a nascondersi dietro allo pseudonimo con cui firma le sue prime foto. O come quella volta che parte per un servizio importante senza aver mai provato la macchina fotografica che avrebbe dovuto usare, basandosi solo sulle poche istruzioni bevute in fretta poco prima di partire per il servizio. Sempre con coraggio, asseconda la propria volontà di crescere, e lascia il suo primo marito e la città dove ha passato i suoi ultimi anni; sa che deve seguire il cuore nel dar forma alla sua nuova veste lavorativa e artistica e non si tira indietro, seguendo la propria voglia di reinventarsi e ricominciare da capo.
• Sviluppare l’empatia. Inge ama entrare in contatto con le persone, parlare con la gente. Se vede qualcosa di curioso per strada ferma gli sconosciuti, parla con loro, chiede informazioni, ride e scherza con tutti. Questo comportamento allena costantemente la sua empatia, arricchendo il suo bagaglio di conoscenza sulla comunicazione verbale e non verbale fra simili. Aver imparato molte lingue testimonia il suo desiderio di entrare in contatto immediato con le persone, di creare quel ponte tra sé e l’altro, che permette sempre un arricchimento reciproco ed una crescita personale.
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Rispettare gli altri come se stessi. In ogni lavoro che svolge, Inge mette al primo posto il rispetto, stabilendo dei rapporti naturali ed immediati con i soggetti che deve ritrarre. Per lei, il rispetto della persona è fondamentale. Mai pubblicherebbe una foto dove appaiono dettagli che possono mettere in difficoltà o in ridicolo il soggetto fotografato. Pubblicare una bocca aperta, o una posa scomposta, non è un’azione contemplata nel codice etico di Inge. La dignità della persona fotografata è la sua priorità.
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Sperimentare il nuovo. La voglia di crescere e migliorarsi la porta a seguire l’intuito per aprire nuove strade. Quando il commesso nel negozio di fotografia di Venezia le vende i rullini le dice “Signorina, oggi No Sun, No photos” lei non si scoraggia, esce dal negozio, traffica un pò con la sua macchinetta e poi scatta a rotta di collo, imprimendo sulla pellicola l’atmosfera lattiginosa di una Venezia che prende respiro e riposa, mentre nessun altro occhio meccanico ne comprende l’incanto.
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Essere appassionati. Quello che ho visto, nella vita e nel lavoro di Inge, è una grande, potente passione. Una forza bruciante che la spinge ad agire, ad avere coraggio, a superare ogni ostacolo. La fotografia è il pensiero che la fa alzare la mattina e la fa camminare all’erta, ogni istante della sua giornata, per catturare situazioni normali che nelle sue mani diventano opere uniche e originali grazie al suo tocco. È la passione, l’amore profondo per ciò che fa che rende il suo lavoro unico e immortale.
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Rimanere umili. Chiudo la lista delle azioni dalle quali prendere ispirazione, con una frase di Inge:
“Nel mio cuore voglio restare una dilettante, nel senso di essere innamorata di quello che sto facendo, sempre stupita delle infinite possibilità di vedere e usare la macchina fotografica come strumento di registrazione.”
A questa frase dovremmo ispirarci, quando il nostro ego tenta di chiuderci nella nostra zona sicura a discapito della nostra più profonda esigenza di “espanderci” nelle zone incerte, dove è possibile ancora imparare e crescere.
Conclusioni
Il percorso espositivo dedicato al lavoro di Inge Morath è un’esperienza che non si può perdere. Molto significativa anche la cornice scenografica all’interno della quale è allestita l’esposizione: il Museo di Roma in Trastevere è un edificio antico spazioso e luminoso, con un incantevole giardino interno che collega le diverse ale della mostra.
Passare due ore passeggiando nell’arte e nella bellezza, incontrare persone con lo stesso desiderio, ispirarsi alla vita di uomini e donne che hanno lasciato un segno nel loro passaggio terreno, tutto questo ha un potentissimo effetto sul nostro sistema nervoso, alza il livello del buonumore e predispone ad uno stato interiore di felicità.
Coltivare la felicita è un regalo che non costa molto, e che tutti possono donarsi in piena autonomia.