R. è la mia insegnante di Yoga.
L’ho conosciuta tre anni fa quando ero in lutto per la fine del mio periodo Hip Hop e quando pensavo che mai più niente mi avrebbe appassionato come la danza.
Poi è arrivata lei, con la sua voce dolce e pacata, i capelli biondi raccolti nella lunga coda ed il sorriso che le illumina gli occhi chiari e sinceri. Non avrei mai pensato che da quel corpo gentile potesse sprigionare un’intensità ed un energia tale da travolgermi letteralmente. In poche lezioni mi sono appassionata di Yoga Vinyasa e ho capito in breve tempo come i movimenti uniti alla respirazione, insieme a quei pochi costanti minuti di meditazione, fossero in grado di donare un beneficio incredibile al mio tono dell’umore e molta felicità in più alle mie giornate.
Dopo la lezione, ci siamo talvolta fermate a fare due chiacchiere e nel tempo siamo entrate sempre più in confidenza fino anche a collaborare in un progetto di formazione che univa la danza alla psicologia, insieme al mio amico coreografo Daniele Vitale. Conoscendo la sua storia ed sapendo del grande desiderio che R. è riuscita a realizzare, ho deciso di farne la mia prima ospite nella Rubrica “Storie di Fioritura”
Ma cominciamo dall’inizio…
La mia fioritura ha un nome: Giulio
R., tu sai che io faccio delle psico interviste dove parlo di fioritura, di quanto accade ad un certo punto nella nostra vita, spesso anche dopo un momento di stasi o di tristezza poi ci sentiamo tornare alla vita. Qual è il momento di fioritura che vuoi raccontare? Che nome ha la tua storia di fioritura?
La mia storia di fioritura inizia sicuramente quando ci è stato comunicato che esisteva un bambino che sarebbe arrivato a noi.
Stai parlando di Giulio, il bambino che tu e David avete adottato.
Si, di lui e del mio percorso per diventare mamma.
Ok, prima di parlarne di entrare nel vivo della storia ti chiedo di presentarti brevemente.
Sono R., ho quarant’anni e sono un’insegnante di Yoga.
Lavoro anche con i bambini da 0 a 14 in una scuola come insegnante di inglese e sono sempre un po’ alla ricerca. Sono una persona che ama interrogarsi. Fin da piccola ho provato a guardarmi dentro, a cercare e questo mi ha creato molti disagi, soprattutto in adolescenza perché cercavo sempre qualcosa che non avevo a portata di mano.
Da allora, la mia ricerca interiore non mi ha mai lasciata ed è ciò che continuo a fare attraverso lo Yoga, è un lavoro continuo su di me, anche se non è sempre facile e spesso la realtà “rema contro”.
Quando riesco a dedicarmi del tempo, riesco ad ascoltarmi e con quel break di ricarica riprendo l’equilibrio.
Insegnare Yoga è un lavoro che hai scelto. Quanto pensi che sia importante scegliere un lavoro che rispecchi la tue chiamata interiore?
All’inizio del mio percorso con lo Yoga lavoravo meno come insegnante e riuscivo a fare delle pratiche personali più numerose, seguivo le lezioni di altri insegnanti e quindi lo vivevo come un momento di benessere e di crescita per la mia persona.
Anche ora sto tornando a viverla cosi, ma c’è stato un momento in cui insegnare Yoga non mi ha fatto bene, è diventato un lavoro dove dovevo dare, dare. Ciò che ricevi mentre insegni è molto, gli allievi ti restituiscono tanto ma la mia concentrazione in quel momento non è focalizzata verso l’interno, è puntata sulle persone ed è come se non mi godessi il lavoro su di me. Il mio corpo ne trae beneficio, ma la mente ne risente.
Adesso, con l’ingresso di Giulio nella mia vita, ho dovuto allentare l’impegno al Centro Yoga e questo mi ha aiutata a riprendere un equilibrio migliore.
Quando ti ho conosciuta stavi dando alla luce il progetto del Centro Yoga. In quel periodo ricordo che eri impegnata con le lezioni, ma anche con tutta la parte burocratica e organizzativa che è prevista nell'aprire qualsiasi tipo di attività. Sei un’insegnante, un’imprenditrice e ora sei anche la mamma di Giulio. Lui arriva, e tutto cambia. Come avviene questa trasformazione?
Per noi non è stato un percorso difficile, perché ci siamo avvicinati all’adozione con un grande punto interrogativo, dicendo “Proviamoci!”, ma con zero aspettative.
Sapevamo che non sarebbe stato semplice avere in adozione un bambino, ma in noi non c’era un accanimento nel volere a tutti i costi un figlio, questo ci ha aiutato a lasciar scorrere il tempo senza grosse aspettative. Abbiamo iniziato il percorso con la ASL e poi improvvisamente siamo stati chiamati per Giulio.
Come è stato ricevere la notizia?
Lì c’è stato un momento di crisi perché non eravamo l’unica coppia in attesa. Ci è stato comunicata l’esistenza di questo bimbo ma c’erano anche altre coppie in fase di valutazione. Ci dissero che se non avessimo ricevuto alcuna chiamata entro pochi giorni voleva dire che un’altra coppia era stata scelta per Giulio, e non dovevamo chiederci perché, semplicemente c'era qualcuno più adatto alle sue esigenze.
E invece siete stati chiamati.
Si! Dopo quattro giorni siamo stati avvisati che eravamo stati scelti, quindi tanta incredulità! È stato un momento intenso per noi, abbiamo vissuto l’esperienza della casa famiglia che ne senti sempre parlare ma... viverla è un’altra cosa, abbiamo dedicato a lui tanto del nostro tempo.
Quello è il momento che ricordo con più gioia, il momento in cui siamo arrivati in casa famiglia …
R. si interrompe, le lacrime le rigano il viso. Ci prendiamo qualche secondo.
Quando il sogno diventa realtà: le gioie e le difficoltà
Rivivendo quel primo incontro le emozioni escono fuori ancora fortissime. Mi puoi parlare di quelle che sono state le difficoltà che hai incontrato in quei primi momenti?
All’inizio eravamo un po’ spiazzati. Le emozioni erano intense e non tutte positive.
Quando ho visto Giulio per la prima volta non ho provato niente di speciale, lui era un bambino fra tanti, anche un po’ distante e distaccato. Poi abbiamo cominciato a passare i pomeriggi con lui e qualcosa è subito cambiato.
Lo aspettavamo alle quattro che tornava dall’asilo, poi ci giocavamo, facevamo merenda, lo addormentavamo.
Dopo una settimana già si era creato un legame fra noi. Ci riconosceva, ci aspettava.
La prima uscita, la ricordo bene, siamo andati da Ikea e lui era curioso e attratto da tutte le novità che vedeva intorno, iniziava a sorridere tanto e a prendere più confidenza. Poi ha iniziato a venire a dormire a casa e non è stato un inizio facile. Giulio è un bimbo tranquillo ma la notte si svegliava continuamente, piangendo disperato.
Tutto Agosto lo abbiamo passato insieme e abbiamo percepito molto lo stacco dalla realtà come era prima, quando eravamo solo una coppia, e dopo, dove era difficile ritagliarsi uno spazio anche per scambiare due parole, o farsi un bagno caldo.
Ci siamo dovuti abituare a non avere tempo per noi.
Oggi, dopo quasi due anni, qual è l’ostacolo maggiore che stai vivendo?
L’ostacolo più grande è superare la sensazione di dover ancora cercare qualcosa per completarmi. Una sensazione che speravo si affievolisse con la maternità. Il desiderio di ricercare qualcosa di diverso è ancora molto vivo in me. In più, come difficoltà ci sono tutti gli ostacoli del vivere il quotidiano, del doversi dividere su più fronti. La mattina porto Giulio a scuola, poi faccio le lezioni Yoga, la spesa, pulisco casa, preparo il pranzo e la cena e anche quello, se vuoi mangiare sano, richiede tempo. Poi volo al lavoro e torno la sera che, con il traffico e tutto, è già ora di cena.
Mi dispiace che non ci sia lo spazio di coppia, ma la cosa principale che ho perso è il tempo per me stessa.
Ti dico solo che quando lavoro a scuola ho la sensazione di riposarmi. Assurdo.
No, non lo è. Lo sento dire da tante neo-mamme invece. Vedrai che come cresce un po’ questa sensazione di stanchezza sparirà. Che impatto ha avuto la maternità sul tuo modo di vedere il mondo?
Essere mamma avrebbe dovuto placare la mia irrequietezza, invece ha solo aperto nuovi interrogativi. Mi faccio domande sul mio futuro.
È la baby sitter che va a prendere il bimbo a scuola, solo una volta a settimana il papà. Io ho ancora dei giorni di aspettativa che mi prendo diluiti nel tempo, ma presto finiranno. Le rare volte che riesco ad andare fuori scuola a prenderlo lui è quasi meravigliato nel vedermi. Le volte che torno tardi invece si comporta in maniera strana con me, è freddo, come volesse dirmi che può fare a meno della mia presenza. Tutto ciò mi ferisce e mi crea un senso di colpa.
Ha senso avere il bambino e non poterselo crescere?
Devo continuare a guardare avanti cercando di cambiare e di aggiustare il mio lavoro alla nuova vita.
È il problema di tutte le mamme lavoratrici, il senso di colpa. Non abbiamo sufficiente tempo per tutto e per tutti e questo può generare ansia, frustrazione e tanto tanto senso di colpa. Senso di colpa verso il lavoro, perché facciamo assenza, arriviamo tardi, magari se non abbiamo dormito non ci siamo neanche con la testa. Senso di colpa verso il bambino perché non ci siamo e quando ci siamo il tempo non è mai buono quanto come ce lo immaginiamo in testa.
Si. Magari lui fa il capriccio ed io sono stanca, e poi rimango arrabbiata e frustrata per aver buttato via del tempo prezioso.
E poi c’è il senso di colpa verso il nostro compagno, perché siamo stanche e non abbiamo voglia di fare l’amore, verso le nostre amiche, che vediamo ormai solo in cartolina, verso noi stesse perché non ci prendiamo più cura di noi, non troviamo il tempo neanche per riposare cinque minuti ad occhi chiusi.
Faccio molti interventi a sostegno della genitorialità efficace, dal momento in cui arriva il bimbo nella pancia o come nel tuo caso, dal momento in cui si apprende la notizia che c’è un bimbo che aspetta i suoi genitori. È quello il momento in cui si crea uno spazio psicologico per il bambino che sta arrivando e già qui la coppia cambia. Poi, quando il bimbo entra materialmente nella nostra casa saltano tutti gli equilibri.
Noi stessi e la coppia. Come cambiano le nostre relazioni con l'arrivo del bambino
Come hai vissuto l'arrivo di Giulio nella coppia? Su che cosa hai dovuto lavorare per riprendere un equilibrio?
Noi siamo una coppia stabile, abbiamo fatto sempre tutto insieme anche se io sono quella tollerante!
Ride
Ho combattuto tantissimo con quelle che sono le nostre differenze poi mi sono arresa. Siamo due teste diverse e ci sono tra noi dei punti dolenti, ma so anche che non posso cambiare l’altro quindi se si presenta l’argomento sul quale non siamo in linea mi fermo e dico “Pazienza”. Negli anni ho imparato ad accettare anche se fa male. David è molto ambizioso, sa ciò che vuole ed è bravo a raggiungere i suoi obiettivi, io sono meno esigente e tendo anche a disperdere le mie energie su più fronti.
Anche ora che sono diventata mamma il lavoro non è più il mio unico obiettivo, ho molto più a cuore il mio tempo libero rispetto ai soldi, quindi è un equilibrio difficile.
Come coppia ci siamo abbastanza annullati per fare i genitori.
All’inizio è stata dura, ci siamo accorti che qualcosa stava cambiando e ne abbiamo sofferto, c’era la ricerca degli spazi di coppia.
Con il tempo diventa la normalità non avere tempo.
Adesso ci siamo adattati e neanche pretendiamo più di avere quello spazio. Oggi ad esempio è il compleanno di David, inizialmente avevamo pensato di andare soli a festeggiare, ma poi l’abbiamo entrambi vista come un’occasione per stare tutti insieme. Anche perché se Giulio dovesse vedere le foto del compleanno… sai come ci rimarrebbe male? Già ora quando vede le foto dove lui non c’è chiede sempre “Dove ero io?”
E tu cosa rispondi?
Io gli dico qui dovevi ancora arrivare, gli parlo della casa famiglia, ogni tanto lui chiede di andare a visitarla. Ora è facile gestire le sue emozioni, è un bimbo, mi preoccupa più ciò che proverà durante l’adolescenza, mi chiedo se sarà un problema per lui, se si sentirà diverso dagli altri.
Anche a lui lo dico, gli racconto la favola che la mamma non lo poteva tenere e lo ha affidato alla casa famiglia e poi noi lo abbiamo cercato fino a trovarlo.
Ora non ho problemi. Sono solo preoccupata del futuro, se lui vorrà sapere tutto, se andrà alla ricerca dei pezzi perduti.
Gli operatori dicono che le reazioni dei bambini che crescono sono imprevedibili. C’è quello che è sempre stato tranquillo che gli parte tutto il desiderio di scoprire le sue radici e quello che fa più fatica all’inizio e poi invece si da pace e non gli interessa sapere nulla.
Prima parlavamo di quanto sia stata difficile l’adolescenza per te, forse non è un caso che la tua attenzione vada ora a quel periodo della vita. L’adolescenza è comunque un ginepraio. Ci siamo passati tutti, ognuno con i propri motivi per sentirsi diverso o incompreso. Gli starete vicino e lui farà il suo percorso attraverso il dolore, come ogni persona che cresce.
Si. Sarà come per tutti gli altri, un gran casino.
Ridiamo
Che tipo di reazioni ha la gente in generale quando dici che Giulio è adottato? Ti capita di sentire frasi fatte o di sentirti urtata in qualche modo dalle risposte che ti arrivano?
Non mi sono mai sentita in difficoltà, anche perché con le persone più care ne ho parlato sempre a fondo quindi non ho ricevuto frasi fatte o mancanze di sensibilità.
Fuori non ne parlo molto, anche se mi è capitato con le neo mamme che chiedono cose tipo “Che tipo di parto hai avuto”, lì non mi nascondo e dico chiaramente che Giulio è stato adottato. Come lo dico a lui, per noi è la normalità.
La fioritura e i nostri valori di base. Connessioni importanti
Mi sembra molto bello il modo diretto e sincero con il quale ti approcci alla vita e alle persone. Posso chiederti quali sono i tuoi altri valori importanti?
Credo nella famiglia. Un valore questo che mi è stato tramandato. Mi sento dedita alla famiglia e se dovessi avere un conflitto metterei comunque la famiglia davanti a tutto il resto.
Poi l’onestà. Per me è essenziale fare la cosa giusta.
E non so se è un valore. La gentilezza.
Wow. Si è un valore. È il re dei valori per me.
Beh, io ci provo. Anche se non sempre riesco. Con Giulio perdo la pazienza.
Accade anche a tutti, non temere. Più sei in relazione stretta con qualcuno e più sei messo alla prova. È facile essere gentili quando tutto va bene, quando sei alla giusta distanza e non ti schiacciano i piedi. Prova ad esser gentile quando ti senti non visto o quando i tuoi valori non vengono rispettati, lì è più dura e più stretto è il legame e più è facile perdere i freni inibitori.
Si è vero. Giulio mi mette a dura a prova. A volte mi colpisce, mi graffia. Io gli chiedo se lo fa anche con la maestra e lui dice di no, lo fa solo con me.
Ti sta testando.
È il suo modo per mettere alla prova la tua tolleranza ed il tuo amore incondizionato. Se lo riesci a tranquillizzare, facendogli vedere che non te ne vai anche se lui fa cose “cattive”, allora vedrai che si calmerà, pian piano.
Prendila come una pratica per diventare una persona migliore, se la gentilezza è un tuo valore importante, da potenziare, Giulio può essere il tuo grande allenatore in questa difficilissima sfida.
Mi sta allenando ad un sacco di cose, in verità.
Questo fanno i figli, ci obbligano a guardarci dentro e ad essere persone migliori. Con Giulio puoi trovare ed affrontare i tuoi lati oscuri, "i punti dove la consapevolezza duole", come li chiamo io. Tutto ciò che accade e che porta emozioni forti può in realtà fare questo lavoro interiore, se glielo permettiamo.
Io credo che nel mondo incontriamo le esperienze che ci servono per crescere, per evolvere come anime.
Tu in che cosa credi?
Io sono cresciuta in una famiglia cattolica ma non pratico, sono un po’ distante dai riti. Credo, comunque, che ci sia qualcuno al di sopra di noi. Mi definisco più una persona con un forte spinta a ricercare interiormente le risposte. L’ho sempre fatto, interrogarmi. Le mie insegnanti mi chiamavano "la sognatrice".